Mi diverto un po’ a provocare, in particolare riguardo i report statistici: quando serve mettiamoli in discussione, non prendiamoli come oro colato !
Amo le statistiche: con esse puoi radiografare il passato, capire il presente… prevedere il futuro. E a noi tutti il futuro interessa moltissimo.
“My interest is in the future because I am going to spend the rest of my life there.” – Charles F. Kettering
La statistica e la sua applicazione nella Business Intelligence rende leggibili quelle montagne di numeri raccolti dal field che così ammassati il nostro cervello difficilemnte riuscirebbe a governare.
Abbiamo oggi a disposizione sofisticati strumenti in grado di produrre risultati di aggregazione e e visualizzazione di alta qualità: animati, interattivi, rendono persino più divertenti le nostre analisi ed il nostro data mining.
Quanti di noi hanno partecipato a meeting colorati da grafici a torta, istogrammi, mappe di calore, regressioni logaritmiche, analisi predittive… e ditemi:
quante importanti decisioni sono state prese dai manager prendendo ovviamente per assodato che quei report fossero corretti ?
Sto continuando a provocare ovviamente.
Purtroppo nella mia esperienza ogniqualvolta – per la mia innata curiosità o “sesto senso” – ho voluto andare a fondo sui metodi di raccolta, aggregazione e calcolo che hanno prodotto quei report, ho scoperto troppo spesso colossali errori.
Di conseguenza ogni decisione presa sarebbe stata potenzialmente errata.
Permettetemi una parentesi. Durante i miei studi per un anno mi obbligarono durante le verifiche a calcolare circuiterie e processi industriali esclusivamente con il sadico “Regolo Calcolatore“. Ero incazzatissimo, caspita… avevo una stupenda calcolatrice programmabile e no, dovevo fare complessi calcoli con questo affare e tanto di borotalco per far scorrere l’asticella ??!
L’anno successivo era previsto l’uso delle calcolatrici e il regolo fece una fine assai violenta…
A distanza di anni, mi sono reso conto però che quell’infernale pezzo di plastica mi aveva lasciato una marcia in più rispetto a professionisti che non l’avevano vissuto: ti obbligava infatti ad avere costantemente una idea preventiva del risultato finale, a mantenere i piedi per terra senza farsi trasportare dai numerini sul display, a fare subito un piccolo passo indietro quando qualcosa non quadrava.
Ti insegna in sostanza a mantenere il cervello sempre ben acceso e a governare la situazione, non essere governato passivamente da formule e numeri.
Il mio non era quindi sesto senso: era solo una diversa intelligenza applicata sul campo.
Intelligenza rara? Assolutamente no, basta accenderla. Chiediamo ad esempio a qualsiasi casalinga/o che ne pensa degli indici d’inflazione ISTAT: rappresentano la realtà o qualcosa non quadra? Anche se probabilmente non sarà laureata/o in statistica la sua risposta sarà chiara e lapidaria, perché conosce molto bene il suo “field”.
Il buon manager andrebbe allora a spulciarsi le fonti, i metodi, i pesi del paniere ISTAT ad esempio, per scoprire cosa non quadra e perché quei dati non rappresentano la realtà (anche se fanno comodo così).
Lo predico sempre: prima di trarre conclusioni dai nostri numeri, facciamoli passare avanti ed indietro un po’ di volte attraverso la nostra meravigliosa materia grigia. Facciamoci tutte le domande che riteniamo opportune, ad esempio come sono stati ottenuti: solo così potremmo interpretarli correttamente. Ecco perché ad esempio è apprezzatissimo il ruolo dei Service Managers sull’erogazione dei Servizi Enterprise.
Una sana ed intelligente statistica ci permette di mettere meglio a fuoco passato, presente e futuro, e quindi di avviare le migliori strategie. Non affidiamoci a distanti numerologi, ma a professionisti ed aziende con una solida e specifica esperienza, che sanno come trasformare i numeri in preziose informazioni, processo efficace solo con una consistente conoscenza del field.
Raccontatemi un po’ le vostre esperienze, sono certo che sull’argomento ne avrete tante da raccontare!
Memento De Computationibus Disputandum Esse !
Bob
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